Buongiorno lettori,
oggi vi parlo del motivo che mi rende felice di partecipare per il secondo anno consecutivo alla Book Challenge di Ikigai, cioè il fatto che partecipandovi scopro un sacco di piccoli capolavori che spesso e volentieri esulano dai miei generi preferiti, ma che risultano sempre essere meravigliose scoperte.
Questo mese invece di richiedere un obiettivo personale ho optato per la lettura di uno dei titoli indicati dalle organizzatrici:
Un'isola che sa proteggere. Ma anche ferire. Un amore
indimenticabile sepolto dal tempo. 2004. A ventotto anni, Manuel si sente già
al capolinea: un errore imperdonabile ha distrutto la sua vita e ricominciare
sembra impossibile. L'unico suo rifugio è Novembre, l'isola dove abitavano i
suoi nonni. Sperduta nel mar Tirreno insieme alla sua gemella, Santa Brigida -
l'isoletta del vecchio carcere, abbandonato -, Novembre sembra il posto
perfetto per stare da solo. Ma i suoi piani vengono sconvolti da Edith, una
giovane tedesca stravagante, giunta sull'isola per risolvere un mistero vecchio
di cinquant'anni: la storia di Andreas von Berger - violinista dal talento
straordinario e ultimo detenuto del carcere di Santa Brigida - e della donna
che, secondo Edith, ha nascosto il suo inestimabile violino. L'unico indizio
che Edith e Manuel hanno è il nome di quella donna: Tempesta. 1952. A soli
diciassette anni, Neve sa già cosa le riserva il futuro: una vita aspra e
miserabile sull'isola di Novembre. Figlia di un padre violento e nullafacente,
Neve è l'unica in grado di provvedere alla sua famiglia. Tutto cambia quando,
un giorno, nel carcere di Santa Brigida viene trasferito uno straniero. La sua
cella si affaccia su una piccola spiaggia bianca e isolata su cui è proibito
attraccare. È proprio lì che sbarca Neve, spinta da una curiosità divorante.
Andreas è il contrario di come lo ha immaginato. È bellissimo, colto e gentile
come nessun uomo dell'isola sarà mai, e conosce il mondo al di là del mare,
quel mondo dove Neve non è mai stata. Separati dalle sbarre della cella, i due
iniziano a conoscersi, ma fanno un patto: Neve non gli dirà mai il suo vero
nome. Sarà lui a sceglierne uno per lei.
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Isola di Neve è tante, tante cose che non mi aspettavo:
E' una storia d'amore, narrata a cavallo tra il presente ed il passato, di quelle che nascono come fiori tra le rocce, sfidando tutto e tutti, che traggono forza proprio da quelle stesse avversità con cui si devono misurare.
E' un mistero da risolvere, con la flebile traccia di una pista da seguire, in una località in cui il tempo pare essersi fermato, ed i pochi abitanti sembrano più che decisi a non voler ricordare.
E' un viaggio dentro se stessi, tra le proprie debolezze, per cercare di sconfiggere quel mostro che ha fagocitato tutto e tutti, per ritrovare i sogni e le speranze, in un momento in cui nulla sembra avere più senso.
I personaggi sono concreti, reali, raccontati con semplicità ma con dovizia di particolari, e Neve è indubbiamente quella che ho amato di più:
E' un piccolo animale selvatico, una "bestiolina" verrà definita più volte, uno scricciolo di un metro e cinquanta, tutta ossa e nervi, dotata di una forza interiore incredibile. E' uno di quei personaggi femminili che ti aiuta veramente a ricordare quello che si è capaci di essere, anche quando la vita non ti concesso affatto buone carte: Neve, a diciassette anni, nonostante la fame, le botte del padre, la maldicenza della gente, è in grado di sostenere la propria famiglia, di essere una pescatrice migliore degli uomini dell'isola, e difendere le persone che ama.
Fin qui quello che doveva dirvi la blogger, poi c'è tutto il resto che è salito in superficie dalle acque di Novembre, che invece è del tutto appartenente ai ricordi di Ilaria...
La mia mamma è nata nel 1953, esattamente negli anni in cui questo strano intreccio di vite ha luogo, ed in questa storia ho trovato qualcosa che riaperto qualche cassetto nelle memorie di famiglia:
“conosceva bene anche l’altra faccia della medaglia. Si era avvicinato alla miseria che stagnava fuori dalle mura della città, aveva visto le baracche sul Tevere e sull’Aniene, la polvere, i comprensori nuovi e già diroccati dell’edilizia popolare, le macerie di San Lorenzo, che a camminarci in mezzo gli sembrava di essere tornato a Dresda durante il bombardamento, la polvere, le auto, lo sgombero di via della Conciliazione, la polvere, i mendicanti senza gambe alla stazione, la polvere. Una città più polverosa di Roma non l’aveva vista mai.”
Fonte Romasparita |
Ho chiuso gli occhi, e mi sono ritrovata davanti mia nonna, con i suoi capelli in piega, le sue vestagliette floreali da usare in casa, che mi racconta di quando i suoi tre figli erano bambini, o che, con il suo modo pragmatico e spiccio, prende in giro nonno ed il suo essere sempre tranquillo e flemmatico, dicendo che mentre venivano giù le bombe a San Lorenzo nessuno lo trovava, perché lui dormiva!
Mi sono ripassate davanti le foto d'epoca, che ritraggono il mio quartiere d'origine, che ai tempi era un povera borgata, quando la strada principale era una grande distesa polverosa dove iniziavano a spuntare le prime costruzioni moderne...
Insomma, questo libro l'ho amato, prima di tutto per la meravigliosa storia che racconta, per i personaggi che mi ha fatto conoscere, ma tanto anche per quello che ha fatto rifiorire dentro di me...
In fondo un buon libro è questo no? E' quello che ti emoziona, ti stringe il cuore e ti fa chiudere l'ultima pagina con il magone, indipendentemente da come finisce, e secondo me, in questo Valentina D'Urbano ha centrato in pieno l'obiettivo.
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